La "Grande Guerra" in Trentino, 1914-1918

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“Il 24 maggio 1915, dopo intense trattative condotte con i governi di entrambi gli schieramenti, l’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria. Un nuovo fronte si apre e il Trentino, chiamato alle armi già dalla mobilitazione austriaca del 1914, si ritrova così ancor più coinvolto nel conflitto. Per mancanza di truppe regolari, il comando austriaco è costretto ad affidare la difesa del territorio a compagnie della milizia territoriale e decide di arretrare sensibilmente le proprie linee rispetto al confine con l’Italia, attestandosi su posizioni considerate più sicure. A partire dalla metà dell’Ottocento, infatti, l’Austria aveva realizzato un imponente sistema difensivo che, con strutture fortificate, piazzeforti e trinceramenti, sembrava impenetrabile”.

Dalla pubblicazione: “1914-2014: Centenario Grande Guerra”.

La Grande Guerra è considerata uno dei punti di svolta più incisivi nella storia militare. Per la prima volta ci furono eserciti di milioni di uomini e l’annientamento in massa, e per la prima volta la popolazione civile si trovò profondamente coinvolta nella guerra, molto più che nella storia precedente. L’uomo, in questo conflitto, non contò più, l’aspetto decisivo era invece rappresentato dal materiale.

Ancora prima del 1914 l’Austria-Ungheria e l’Italia si prepararono, in segreto, ad uno scontro militare. Negli anni che precedettero il 1914, l’Austria-Ungheria collocò una catena di fortificazioni ultramoderne sui confini con l’Italia: dovevano impedire agli italiani l’accesso in Austria. Nell’offensiva della primavera 1916 l’Austria-Ungheria, partendo dal vecchio confine presso Luserna, tentò di sfondare verso sud, passando per Asiago. Per più di quattro settimane imperversò una battaglia di grandi dimensioni tra austriaci ed italiani. In alcuni giorni si trovarono impegnati in battaglia 200.000 soldati. Gli austriaci, però, non riuscirono a raggiungere la pianura padana. Possiamo rintracciare nell’offensiva del 1916 la sconfitta dell’Austria-Ungheria. Sia attraverso la piana dell’Adige come pure nelle Giudicarie, l’Austria-Ungheria avrebbe potuto condurre comodamente interi eserciti contro l’Italia. L’Italia non aveva truppe o impianti difensivi nella valle dell’Adige come neppure nella zona di Ala-Verona: infatti, il contingente più importante era concentrato sull’Isonzo e nei Sette Comuni. Anche l’alleato tedesco chiese all’Austria-Ungheria di procedere con l’offensiva attraverso la valle dell’Adige. Ma il feldmaresciallo austriaco Conrad von Hötzendorf si rifiutò, così egli divenne il becchino della monarchia degli Asburgo. Nel 1916, 1917, 1918 l’Austria-Ungheria tentò ripetutamente l’avanzata verso l’Italia. Analogamente l’Italia lanciò le sue controffensive. Sul monte Ortigara morirono, nel corso della guerra, oltre 55.000 austriaci e italiani. Lo storico Heinz von Lichem ha specificato che 200.000 italiani e almeno 200.000-300.000 austriaci morirono sui fronti del Brenta e dell’Adige. L’Italia perse, durante la Grande Guerra, almeno 600.000 soldati.

Dalla pubblicazione: Per non dimenticare – Luserna e gli altipiani nella Prima Guerra Mondiale, catalogo realizzato su incarico del Centro Documentazione di Luserna (1999).

Passo dei contrabbandieri e torrione d’Albiolo (2969 m)

Testimone di un’aspra battaglia ad alta quota, il Torrione d’Albiolo vide le truppe italiane e quelle austriache combattere in un ambiente ostico ed impervio. Fu conquistato nell’agosto 1915 con una rapida azione a sorpresa dagli alpini.

Corno di Cavento (3406)

Tra il 1916 e il 1918 passò di mano varie volte tra i due eserciti. Gli austriaci occuparono stabilmente la cima nella primavera del 1916; gli italiani la conquistarono nell’estate del 1917; il 15 giugno del 1918 i soldati imperiali la ripresero con un attacco a sorpresa.

Le trincee del monte Creino (1280)

Le truppe austro-ungariche stanziate sul Creino, grazie alla posizione strategica, potevano controllare un vasto tratto di fronte dal lago di Garda alla Vallagarina.

Il caposaldo del Nagia’ Grom (789 m)

I lavori sul Nagia’ Grom iniziarono nella primavera del 1915 e proseguirono poi, con ampliamenti e modifiche, per tutta la durata del conflitto.

Il monte Zugna (1864)

Gli italiani si impadronirono dello Zugna il 29 maggio del 1915 per poi spingersi fino alle porte di Rovereto. Nella primavera del 1916 gli austro-ungarici riconquistarono alcune posizioni, ma furono bloccati dal così detto “trincerone”, un imponente sistema difensivo realizzato dagli italiani nel punto più stretto della dorsale della montagna. Dall’estate 1916 al novembre 1918, nonostante intensi bombardamenti e violenti attacchi, i due eserciti mantennero le proprie posizioni.

Il monte Pasubio (cima Palon 2232 m)

Il Pasubio fu uno tra i più tormentati campi di battaglia del fronte italo-austriaco: più di diecimila soldati morirono sulle sue cime a causa di scontri e bombardamenti, malattie, incidenti o valanghe.

Passo Rolle e Cima Cavallazza (2324)

Nel luglio del 1916 le truppe italiane sferrarono un attacco che portò alla conquista della Cima Cavallazza, del Passo Colbricon fino alla cima del Colbricon Orientale. Gli austriaci mantennero il Colbricon Piccolo, l’omonima Forcella e la vetta occidentale del colerico che nell’ottobre dello stesso anno venne più volte contesa dai due schieramenti con incredibili azioni e con enormi perdite umane. Entrambi gli schieramenti furono coinvolti, a partire dal 1917, in un’incredibile guerra di mine.

L’alta via “Bepi Zac” (cima Costabella 2761 m)

Allo scoppio della guerra la zona compresa tra il passo delle Selle e la cima Costabella rappresentò un’importante linea difensiva per le truppe austriache che da qui potevano controllare Passo San Pellegrino e bloccare l’accesso alla valle di Fiemme e a quella di Fassa.

I Landesschützen in Vallarsa e in valle di Terragnolo furono particolarmente impetuosi. Dal passo Coe essi passarono al passo Borcola e il 21 maggio del 1916 si impadronirono del monte Maio (monte Maggio) (a nord di Posina), proseguendo lungo quella valle. I salisburghesi del reggimento di fanteria n. 59 “arciduca Rainer” conquistarono il Soglio d’Aspio (a sud di Lastebasse, in val d’Astico).

La battaglia dell’Ortigara

La lotta si fece furiosa nel giugno del 1917 con una offensiva italiana sull’Altopiano dei Sette Comuni; vennero impegnati 24 battaglioni presso Asiago, ben 112 battaglioni a nord, 29 battaglioni nella sottostante Valsugana.

Le truppe di alta montagna austro-ungheresi

Gran parte della zona del fronte tra lo Stelvio ed il Garda esigeva l’impiego di corpi speciali addestrata al combattimento in montagna, a quelli vennero affiancati pure numerose unità di altri reggimenti. Truppe specializzate per l’alta montagna esistevano già nell’Austria-Ungheria dal 1906: erano i leggendari reggimenti I, II e III dei Landesschützen (difensori del paese) tirolesi che, per i loro meriti, ricevettero nel 1917 dall’imperatore Carlo il nome di Tiroler Kaiserschützen. Perciò Tiroler Landesschützen e Tiroler Kaiserschützen si identificano Le radici storiche del corpo militare risalivano all’ordinamento dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo che, con un documento del 1511, aveva affidato la difesa del Tirolo ai suoi stessi abitanti.

Il fronte Ortles-Adamello-Giudicarie

Sul fronte dell’Ortles gli italiani riuscirono a conquistare a tenere durevolmente solo la Punta Thurwieser e la Cima Trafoi. Nel settore Adamello-Presanella essi dominavano gran parte del Gruppo dell’Adamello, ma non poterono sfondare la linea austriaca lungo la catena orientale, nemmeno quando gli alpini presero, con azioni eroiche, il Crozzon di Lares ed il Corno di Cavento. Un laboratorio fotografico Nelle caverne e nelle gallerie sulla cima dell’Ortler (3905 m) si trovava, dal 1916, il più innovativo (per quei tempi) laboratorio di fotografia, allora un’arte assai giovane. Uno dei pionieri della fotografia di guerra è stato Franz Haller di Merano.

Il ruolo dei fortilizi

Cinque fortilizi bloccavano l’ingresso al Trentino (Tirolo italiano) attraverso le Giudicarie: quattro nella zona di Lardaro (e precisamente i forti Larino, Danzolino, Reveglèr e Corno), uno ad est di Pieve di Bono-Por, e cioè il forte Cariola (o Carriola). Solo il possente fortilizio Cariola era moderno ed efficiente, tutti gli altri erano costruzioni antiquate e quindi furono disarmati ed usati come ricoveri per la truppa.